
- Autore: luciana squadrilli
- Data: 15 Ottobre 2018
- Categoria: Recensioni
Cocciuto, a Milano la pizza buona e testarda
Cocciuto: a Milano una nuova pizzeria, modaiola quanto basta ma incentrata sulla qualità delle materie prime e sull’impasto di tipo napoletano, in zona Tortona. Frutto di una buona idea e della testardaggine di Paolo Piacentini e Michela Reginato.
La zona è quella di via Tortona, quindici minuti a piedi dalla metro di Porta Genova, zona famosa per ospitare gli eventi del Fuorisalone ma anche epicentro di moda, arte e design, tra boutique e punti di riferimento come il Silos Armani (archivio storico del brand), musei e gallerie come il MUDEC a due passi, locali di tendenza e location di grido per gli eventi.
Ma anche diversi indirizzi mangerecci interessanti, sempre di più anche per quel che riguarda la pizza. In questo caso parliamo di quella, di stile napoletano e con condimenti fantasiosi e curati ma non esagerati né “gourmet” a tutti i costi, proposta da Cocciuto, la nuova pizzeria in via Bergognone.
Il nome si riferisce alla “fissa” per la qualità e per la pizza buona condivisa dai due soci fondatori – Paolo Piacentini, imprenditore coinvolto in importanti format internazionali e già ideatore e socio di Marghe, e Michela Reginato che arriva invece dal mondo della moda ma ama il cibo di qualità – ma anche alla loro ostinazione, che li ha portati a non fermarsi davanti ai mille ostacoli e imprevisti che – pur da imprenditori già scafati – si sono trovati ad affrontare per aprire questi posto: dagli inghippi immobiliari agli incontri sbagliati e così via.
Ma, anche e soprattutto, a una sorta di “promessa”, quella fattasi a vicenda con Matteo Mevio, giovane e bravo socio e pizzaiolo di Marghe scomparso in un tragico incidente stradale nel 2016, con cui Paolo e Michela avevano condiviso il progetto e la filosofia messa in atto in questo nuovo locale. Così, loro sono andati avanti e a inizio settembre Cocciuto ha aperto i battenti diventando in brevissimo tempo un indirizzo molto amato in zona da impiegati e businessman, sciure e creativi, dimostrando ancora una volta che la pizza – soprattutto quella buona – mette d’accordo tutti e azzera le barriere. Qui nel fine settimana si sfornano quasi 400 pizze al giorno lavorando molto anche a pranzo.
Cocciuto, urban chic e solidarietà
Già da fuori, grazie alle ampie vetrate, si capisce subito che Cocciuto non è una pizzeria “classica”.
Il design degli interni, nei locali che in precedenza ospitavano una banca, prende ispirazione dalle tendenze urban chic, che mescolano elementi industrial – inclusi i muri lasciati volutamente grezzi, più del solito, e un ampio uso del metallo e del vetro – a dettagli di design contemporaneo che alternano lo stile minimal dei tavoli sedie – e dell’illuminazione ben studiata e modulabile, per rendere il locale più intimo e caldo di sera – ai tocchi colorati e vagamente barocchi di divanetti e poltroncine in velluto, piante rigogliose e mobili in stile vintage. 80 coperti in circa 260 metri quadri, suddivisi in una prima sala accanto al banco di accoglienza (e ai bagni “nascosti” dietro a una parete divisoria) e quella sul retro, da cui tenere sotto controllo i pizzaioli al lavoro al banco e al forno (elettrico di nuova generazione, di Moretti Forni).
Il team pizza è capitanato dal lucano Antonio Caputo, già al lavoro da Marghe, coadiuvato da alcuni giovani aiutanti tra cui Mohamed, che arriva dalla casa famiglia Harlock di Tarquinia gestita dalla cooperativa sociale Arcadia – che ha l’obiettivo di formare e avviare al mondo del lavoro i giovani con storie difficili – e ha già imparato le basi del mestiere dimostrando grande passione per la pizza.
Cocciuto, la pizza e le materie prime
Com’è, dunque, la pizza di Cocciuto? L’aspetto – e il risultato all’assaggio – è quello di una “napoletana evoluta”, con il cornicione piuttosto accentuato senza risultare esagerato (se non su un lato della nostra Margherita, un po’ “squilibrato”) e molto soffice, sottile al centro e pronto ad accogliere i condimenti. L’impasto è frutto di un mix di farine con aggiunta di germe di grano, e matura almeno 30 ore. Poi ci sono anche le “pizze 100”, pizze da condividere in più persone con un diametro di 100 cm e impasto croccante, a base di farine top 2 e segale, proposte a 40 euro per 4 persone.
Per i condimenti, si va dalle proposte più classiche – inclusa una buona Margherita a 7,5 euro – a quelle più elaborate, talvolta messe a punto con la collaborazione della cucina: Cocciuto infatti è anche ristorante e propone in menu allettanti taglieri di salumi – con un focus su Cilento o Emilia Romagna – e mozzarella di bufala, insalate, “vizi e sfizi” come fitti vari, mozzarella in carrozza, polpette ma pure la lasagna, e dolci classici ma ben fatti.
Tutto, è a base di prodotti ricercati con cura – e caparbietà – da Paolo e Michela che sono andati, e continuano ad andare in giro per tutta Italia alla ricerca di prodotti e produttori di qualità da inserire nel loro progetto. Così, per esempio, molti prodotti sono Presidi Slow Food, il fiordilatte arriva da un’azienda di Cremona che li ha convinti per la qualità die prodotti, il Parmigiano è il Malandrone 1477 36 mesi, l’extravergine è quello di Savino Muraglia, i salumi sono del Piccolo Salumificio Artigianale di Gioi, i capperi arrivano da Racale (Lecce) e le alici da Cetara e così via.
Oltre alla Margherita, noi abbiamo provato appunto la Cetara, con pomodori San Marzano Dop Presidio Slow Food, fiordilatte, alici di Cetara, capperi croccanti di Racale, origano selvatico, olio extra vergine d’oliva e basilico fresco (a 8,5 euro), saporita ma equilibrata, e la Capocollo (nella foto in apertura) opulenta ma non eccessiva, con ricotta, fiordilatte, pomodori secchi contadini, capocollo di Gioi, olio extravergine e basilico fresco (a 12 euro, che è il prezzo massimo per le pizze). Non mancano, come dicevamo, proposte più spinte verso il lato “gourmet” come la Vendicari con fiordilatte, tonno alletterato, pomodori semi dry, cipolla croccante, polvere di zenzero, menta e olio extravergine: da provare la prossima volta!
Da bere, la proposta si concentra più sul vino che sulla birra con particolare attenzione alle etichette naturali, scelte tra piccoli produttori italiani e francesi, con un interessante focus su Loira, Provenza e Borgogna. In alternativa, ci sono anche i cocktail che però non abbiamo provato.
Per la birra, la scelta è “limitata” dalla partnership con il gruppo Carlsberg con il marchio Angelo Poretti. Una decisione un po’ in contrasto con la ricerca applicata agli altri prodotti, ma con un risvolto interessante: Cocciuto è stato infatti scelto – insieme a un colosso come Starbucks – come incubatore unico in Italia di un progetto sperimentale. Nella pizzeria di via Bergognone, come negli Starbucks del mondo, il gruppo Carlsberg ha attivato un modello di controllo dei flussi e dei consumi di birra che rientra nella sperimentazione delle Telemetria, una innovativa tecnologia al servizio degli esercenti.
Cocciuto, un progetto work in progress
Partito spedito dopo tre anni di progettazione e rimandi, Cocciuto non si ferma qui: altre tre aperture sono previste entro il 2019, e già si lavora alle nuove sedi previste in zona piazza Medaglie d’Oro, nei pressi di corso Sempione. E Paolo e Michela non nascondono di pensare anche all’estero.
Cocciuto
via Bergognone 24
Milano