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Galleria Navarra: pizza, cocktail e cucina nel salotto di Napoli

Torna a vivere uno spazio storico del centro più chic della città, unendo cucina, mixology e arte. La pizza è firmata da Rossopomodoro.

Da che io mi ricordi, a Piazza de’ Martiri, il “salotto buono” di Napoli, proprio di fronte alla Caffettiera (elegante bar e ritrovo mondano che ha una bellissima collezione di macchinette napoletante per i caffè) c’era la Galleria Navarra: luogo esotico e misterioso, pieno di tappeti e arte varia, ci avevo messo piede solo una volta da ragazza per una festa di cui non ho ricordi precisi se non il fascino della location. Ora ci sono tornata, poche settimane fa con una cara amica che ha condiviso con me quegli anni e tante altre avventure, per mangiarci la pizza (e non solo).

Ma prima un po’ di storia, con l’aiuto delle informazioni fornite dall’ufficio stampa Dipunto: sono durati cinque anni i lavori per riportare al giusto splendore il sito che fu Giardino di Delizie del monumentale Palazzo Nunziante, disegnato da Enrico Alvino nel 1855, poi dal 1900 galleria antiquaria privata.

L’intervento di recupero filologico e restauro conservativo, iniziato nel 2016 e condotto sotto la vigile sorveglianza della Soprintendenza, ha restituito alla città un luogo storico che a partire dagli anni Cinquanta era stato mortificato da una serie di abusi edilizi e un contenzioso durato quasi vent’anni. Demolite le superfetazioni e gli abusi perpetuatisi negli anni, il Giardino, con gli annessi edifici storici – il cosiddetto capanno del giardiniere e la cappella in stile neoclassico -, è tornato all’antico splendore. Sono stati ripristinati i tetti a falde e l’elegante architettura neoclassica con il timpano e il frontone, le lesene scanalate con capitello corinzio e il pronao. All’interno dell’edificio è stato portato in luce il prezioso pavimento di mosaico ed è stato ripristinato il soffitto a cassettoni in legno. Il progetto di recupero ha salvaguardato anche il grande cancello in ferro battuto di metà Ottocento e l’insegna storica voluta dall’antiquario Salvatore Navarra, mercante di tappeti ed oggetti antichi, che dal 1939 avviò l’attività della Galleria Navarra.

Il restauro è stato curato dagli imprenditori Franco Manna e Pippo Montella, già fondatori di Rossopomodoro, insieme alla famiglia D’Alessio, proprietaria delle mura dal 1991, mettendo insieme arte contemporanea, pizza, ristorazione e mixology, grazie alle collaborazioni con il cocktail bar partenopeo La Fesseria e la Fondazione Made in Cloister (attiva dal 2016 nella promozione dell’arte contemporanea a Napoli nell’ex-Chiostro della Chiesa di Santa Caterina a Formiello a Porta Capuana, che dovrebbe selezionare giovani artisti che esporranno le loro opere negli spazi interni ed esterni di Galleria Navarra: quando abbiamo chiesto informazioni a riguardo, però, non ci hanno saputo dire molto).

Per il resto la mia visita non può che confermare: adesso, varcando il famoso cancello ci si ritrova in un incantevole giardino diviso tra i tavoli del bar, davanti all’ingresso principale con la sala che ospita il bel bancone, e i tavoli del ristorante. La sala interna, dove c’è anche il forno per le pizze dietro cui spicca la sagoma di San Gennaro (se ho capito bene realizzata site-specific da Ventrella, storico brand di gioielleria a Napoli dal 1850, come il triangolo dorato dall’allure esoterica alla base del forno) è moderna e curata, un filo troppo trendy e modaiola per i miei gusti ma piacevole. Delle scale – percorrendo le quali si può scorgere qualche indizio della precedente attività della Galleria – si accede ai bagni dove dei neon divertenti anche se un po’ eccessivi segnalano inequivocabilmente le toilette per signore e signori.

La cucina è affidata allo chef Antonio Sorrentino e la pizza alla supervisione di Davide Civitiello, maestro pizzaiolo legato a Rossopomodoro. In entrambi i casi il filo conduttore è l’omaggio a Napoli, alla sua memoria e ai suoi personaggi, a cominciare da Eduardo De Filippo, amico personale di Salvatore Navarra che per lui preparava il Saponariello, uno spaghetto semplice con aglio, olio, olive nere, capperi e pangrattato, cui Sorrentino dà il proprio tocco personale.

Noi abbiamo voluto assaggiare entrambe. Dal menu del ristorante abbiamo scelto le sfiziose e gustose Polpette di Alfredo – un altro personaggio storico del quartiere, come ci ha spiegato il gentilissimo direttore del locale – in crosta di sesamo, vale a dire polpette di carne e melanzane su vellutata di pomodoro San Marzano Dop, crema di pecorino e pesto di basilico leggero. Meno azzeccata la scelta di Patate e Calamari, calamarata trafilata in bronzo su crema di patate (in realtà patate schiacciate non molto saporite), sauté di calamari, datterini e salicornia; la prossima volta andrei decisamente su Saponariello o Scarpariello (con gli scialatielli, nella versione di Sorrentino), per provare.

La carta delle pizze – di cui circa una metà viene realizzata anche senza glutine su richiesta – è divisa tra Classiche (dai 7 ai 12 euro), Bufaline (11-13 euro), Margherite (quattro varianti: Tradizionale, Vesuviana, Flegrea e Battipagliese, 8-10 euro) più sei proposte stagionali (dunque estive al tempo della mia visita) di Davide Civitiello, dalla Neranese fino alla Frù Frù ai tre sapori (12-13,50 euro). Noi abbiamo scelto una Cosacca dalle Classiche, con filetti di pomodoro antico di Napoli, scaglie di pecorino bagnolese e basilico. L’impasto mi ha convinto abbastanza: soffice e leggero, con il cornicione pronunciato ma senza esagerare, e solo un pochino gommosa verso la fine (ma avendola divisa e tra le chiacchiere ci abbiamo messo un po’ a mangiarla ed eravamo all’esterno); il pomodoro era invece eccessivamente abbondante e ha finito per “annacquare” la pizza assorbendo il formaggio che dovrebbe essere il tratto distintivo di questa pizza, ma con un po’ più di attenzione il risultato avrebbe potuto essere soddisfacente.

Come dolce, ci siamo fatte convincere dal direttore ad assaggiare la torta della “babbaiola”: famosa pasticcera di Posillipo – che io non conoscevo! – diventata famosa, oltre che per il babà, per questa sorta di crostata con una delicata crema al limone ricoperta da una “rete” di frolla: ne avevamo chiesta una porzione da dividere, ne sono arrivate per sbaglio due ma le abbiamo mangiate (quasi) entrambe perché erano davvero buone.

Non abbiamo bevuto nulla, perché ormai abbiamo una certa età e troppi acciacchi. Ma speriamo di rifarci, magari provando almeno anche un’altra pizza dal menu.

Galleria Navarra Rossopomodoro
piazza dei Martiri 23
Napoli

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