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Giardino Torre

Giardino Torre, pizze da re

Il bellissimo spazio nel Bosco di Capodimonte ospita oggi un delizioso bistrot e la pizzeria affidata a Salvatore De Rinaldi e il suo team. E qui c’è anche un forno speciale…

Quando, nel luglio 2016, presentammo al pubblico per la prima volta il nostro libro La Buona Pizza, grazie all’amicizia con Enzo Coccia avemmo l’onore di farlo in un luogo molto speciale, nel Palazzo Reale di Capodimonte. E poi – per la degustazione – ci spostammo alla Masseria Torre, dove Enzo insieme al fratello Ciro e a Eduardo Ore allietarono i presenti con pizze fritte e quelle cotte nel forno a legna presente sul posto: quello che, secondo la leggenda, sarebbe stato usato per cuocere la famosa prima Margherita della storia, nel 1889, per soddifare la richiesta della regina Margherita di Savoia.

Ormai è assodato che si tratti di leggenda, ma di certo in quel forno – che ancora oggi, a quanto pare, va alla grande – qualche pizza per i re golosi e curiosi, o per i loro collaboratori e servitori, sarà stata fatta. La Masseria infatti era uno dei numerosi edifici “funzionali” voluti da Borboni, che serviva agli esperimenti botanici – come, ad esempio, nella cosiddetta Real Fruttiera, la coltivazione di numerose varietà di agrumi, varietà autoctone e rare di mele e pere e altre piante esotiche come gli ananas per cui furono create le condizioni ideali tramite serre (ancora in essere) e stratagemmi; ma anche alla coltivazione di tanti ortaggi usati nelle cucine della reggia. I caseggiati situati ai margini nord-orientali del bosco, tra il vallone di Miano e Capodichino, furono la dimora e probabilmente lo studio dei giardinieri di corte, tra cui i fratelli francesi Martin e Giovanni Biancour, e sono circondati non solo da orti e piante da frutto ma anche da angoli fioriti, fontane e statue.

Oggi questo spazio – anzi, parliamo al plurale perchè presto sarà aperto al pubblico anche il vero e proprio ristorante nell’edificio più grande, con tanto di terrazze panoramiche – è tornato a vivere grazie al progetto di Delizie Reali, la società che ha vinto il bando per il restauro (attentissimo a rispettare ambienti, atmosfere, colori ed elementi originali, in tutti i casi, dalla tinta delle pareti alle piastrelle decorative) e l’utilizzo di alcuni degli edifici borbonici che si trovano nel grande parco napoletano oltre alla Reggia che ospita il Museo. E anche grazie alla lungimiranza dell’ex direttore Sylvain Bellenger, ora sostituito da Eike Dieter Schmidt, che teneva al Bosco quanto al museo e lo ha fatto tornare a essere un luogo molto amato e frequentato dai napoletani, non solo per le visite culturali ma anche per momenti di sport, svago e relax. Così, la primavera scorsa avevo visitato la Stufa dei Fiori, ricovero di specie da fiore e vivaio situato proprio di fronte alla Reggia che è diventata una tisaneria e un semplice bistrot dove venire per prime colazioni, merende, aperitivi e pranzi veloci e “naturali”.

Da ottobre scorso, anche la Masseria Torre – decisamente più lontana, conviene entrare dalla Porta Miano e fare comunque una bella passeggiata lungo i viali del parco, seguendo la segnaletica; oppure sperare nel “passaggio” con la vettura elettrica guidata dallo staff – è stata aperta al pubblico, ospitando il Giardino Torre: in questo caso si tratta di un bistrot più strutturato e ampio, tanto negli spazi – dal delizioso cortile interno che ospita tavoli e divanetti alla bella sala interna con il camino acceso in inverno, fino alla sala con il forno a legna “moderno” e un grande tavolo sociale per mangiare vista bancone – quanto nella proposta gastronomica che segue comunque gli orari di apertura del parco (dunque niente cena, si arriverà al massimo all’aperitivo in estate). Quindi, anche qui, caffè, té e fette di torta per merenda o colazione ma anche un menu piccolo ma molto interessante di proposte della cucina, studiate con la collaborazione di Giovanni Serritelli, esperto di storia della gastronomia napoletana: a lui si deve lo studio e il recupero di antiche ricette del 700 e 800 partenopeo, nobili o popolari che siano, con piatti a rotazione (anche in base a quanto arriva dall’orto) come il prosciutto allo schidione (marinato nel vino e spezie prima di essere cotto), lo “sformato” di pasta e patate, il sartù di riso alla giardiniera (con verdure a julienne, brodo e lardo) o quello con zucca, provola e salsiccia, e i dolci sempre ispirati agli antichi ricettari.

Ma, come dicevamo, c’è anche la pizza – al momento solo per il pranzo del sabato e della domenica, ma con la bella stagione probabilmente si estenderà anche agli altri giorni escluso il lunedì – che è stata affidata alle sapienti mani di Salvatore De Rinaldi (titolare della vicina pizzeria De Rinaldi e dell’interessante progetto De Rinaldi Lab, affiancato dal figlio Cristiano) e dei suoi stretti collaboratori. Naturalmente per le pizze si utilizza un forno napoletano a legna “contemporaneo” (per quanto singolare e forse non studiato benissimo, come ci spiegava anche Salvatore) all’interno del locale, ma il forno antico situato subito fuori alla sala col camino è perfettamente funzionato e utilizzato per dimostrazioni ed eventi, come nelle giornate della settimana scorsa.

Sempre in collaborazione con Serritelli e con la sua consulenza storica, De Rinaldi ha messo a punto un piccolo ma interessante menu di pizze (anche in questo caso, in parte secondo stagione) che racconta in qualche modo la storia del luogo, e in generale della città. C’è infatti, ad esempio, la Mastunicola, dall’impasto condito con strutto, pecorino, Parmigiano, pepe e basilico (anche in crema, un “vezzo” comunque piacevole) che è perfetta da dividere al tavolo come antipasto. C’è la Marinara che vede però diversi tipi di pomodori rossi (San Marzano e Piennolo) e il pomodorino giallo del Vesuvio insieme ad aglio, origano e olio extravergine. Ci sono la Doc Verace (con pomodori del Piennolo, datterini, mozzarella di bufala, Parmigiano Reggiano, basilico e olio extravergine) e la pizza del mese ispirata dall’orto e dal frutteto (nel nostro caso, a inizio gennaio, con scarole, acciughe, noci, pinoli, olive, capperi, provola, scaglie di provolone del Monaco e scorza di agrumi).

Noi abbiamo gradito molto le “varianti” storiche di Margherita studiate da De Rinaldi e Serritelli: la Margherita Giardino Torre vede l’Antico Pomodoro di Napoli coltivato da Vincenzo Egizio alle falde del Vesuvio, appena schiacciato e non certo in salsa in omaggio alle usanze antche, assieme a fiordilatte di Sorrento, Parmigiano Reggiano, basilico e olio extravergine. L’Antica ricetta del Re – che ho personalmente amato molto – riprendere una preparazione menzionata nel ricettario di Ippolito Cavalcanti in cui i pomodori (quelli ricci un tempo diffusi in Campania e poi quasi scomparsi e recuperati soprattutto nel Casertano, dalla polpa delicata ma piena di sapore) venivano cotti nello strutto con spezie ed erbe: Salvatore ne ha una versione attuale ma sempre saporitissima, concentrata, affinacata a scamorza affumicata, olio extravergine e gocce di basilico, per un risultato intenso e particolare. Nella foto che ho fatto al menu ho maldestramente tagliato i prezzi delle pizze ma se non sbaglio andavano dai 10 ai 15 euro, adeguati alla sede davvero unica in cui mangiarle.

Per accompagnare, birra in bottiglia (alcune etichette Peroni) e una ristretta scelta di Pallagrello e Falanghina, anche al calice. Tra i dolci abbiamo invece assaggiato il buon gateau al cioccolato, ancora una ricetta di Vincenzo Corrado a base di una sorta di pan di Spagna al cacao con crema alla cannella e glassa al cioccolato.

Riguardo alla leggenda della Margherita, Giovanni Serritelli ci ha raccontato qualcosa di più: a quanto pare, a fare le pizze nel Real Bosco fu – nel 1844, dunque ben prima di Margherita di Savoia – tale Domenico Testa, pizzaiolo e maccaronaro (che così cominciò una fortunata carriera da imprenditore nella ristorazione) chiamato per uno “scherzo”, ovvero un momento di svago per la regina – forse Maria Teresa d’Asburgo, seconda moglie di Ferdinando II, o più probabilmente per la madre di lui, Maria Isabella di Borbone, vedova del “re botanico” Francesco I che rimase a vivere qui dopo la sua morte – e per le due dame che decisero di “fuggire” da un ricevimento ufficiale per assaggiare quel cibo che piaceva così tanto al popolo. La leggenda legata a Margherita di Savoia sarebbe stato un escamotage per avvicinare la regina alla popolazione, insomma un’operazione-simpatia con tanto di lettera falsa al famoso Raffaele Esposito chiamato a preparare una pizza “patriottica”.

In ogni modo, la Margherita resta una grande pizza tanto in versione classica che in quelle riviste, e noi di sicuro torneremo a mangiarla al Real Bosco di Capodimonte.

Giardino e Casamento Torre, Real Bosco di Capodimonte
Martedì-venerdì aperto dalle ore 10 alle 16
Sabato e domenica aperto dalle ore 9 alle 16
Chiuso lunedì
Tel. 366.6296466 – 081.2241770
deliziereali.it 

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