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La pizza a LSDM New York

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LSDM – il format-congresso di cucina dedicato alla mozzarella di bufala e non solo, che si svolge ogni anno a Paestum – quest’anno e’ arrivato anche a New York per portare il meglio del made in Italy gastronomico, tra chef e prodotti. Non poteva mancare, naturalmente, la pizza a cui e’ stata dedicata la seconda giornata della tappa USA. Bellissima la location, il quartier generale di Neapolitan Express –  societa’di food truck “sostenibili” che portano la pizza napoletana per le strade di New York – ad Harlem, con un forno elettrico, uno Scugn-Izzo (elettrico modificato) e un forno a legna appena montato, inaugurato per l’occasione. Tra i protagonisti del pomeriggio, alcuni grandi pizzaioli (e non solo) arrivati appositamente dall’Italia ma pure dei colleghi – spesso italiani – che lavorano negli USA, per dimostrare che la pizza e’ sempre buona a patto di metterci testa, cuore e grandi prodotti.

Il primo pizzaiolo ad aprire i lavori e’ stato Giulio Adriani, che dirige impasti e forni di Neapolitan Express dal lancio: era venuto a NY per una breve consulenza, e ci e’ rimasto.  Ha proposto una margherita classica, simbolo della pizza napoletana classica e dell’animo popolare che secondo lui questo cibo deve continuare ad avere.

La giovane Giorgia Caporuscio – figlia di Roberto Caporuscio, che da Terracina se ne e’ venuto nella Grande Mela dove ha aperto le pizzerie Kesté e Don Antonio, con Antonio Starita ha puntato su una pizza piu’ articolata e “gourmet”, ma sempre in puro stile napoletano nell’impasto; sopra ci ha messo mozzarella di bufala, crema di funghi porcini e tartufo bianco e tartufo nero fresco a finire.

Molto bravo e con le idee chiare il giovane Michele D’Amelio, che da Lioni – provincia di Avellino – dove aveva iniziato a fare pane e pizze seguendo l’esempio della nonna, e’ finito in New Jersey a fare pizze napoletane da A Mano. Michele ha le idee chiare, non disdegna qualche strappo alla regola – per esempio, come fanno anche da Keste’, usa la semola per ammaccare a mano la pasta invece della farina – ma resta legato alle origini campane. A LSDM ha preparato una saporita pizza con salsiccia e friarielli (quelli veri, anche se per semplificare a New York li chiama “broccoli” tout court) e con la mozzarella di bufala affumicata.

C’era pure Pasquale Torrente – accompagnato dal figlio Gaetano, che il giorni prima ha preparato gli spaghetti con la colatura di alici – che nella giornata dedicata alla pizza ha fatto conoscere al pubblico di New York l’originale montanara condita con sugo di pomodoro – cotto nella cucina di un vicino locale che, manco a farlo apposta, era di un cetarese! -, mozzarella di bufala e basilico fresco.

Franco Pepe, a New York insieme al figlio Stefano, ha preparato la sua versione di un grande classico – vale a dire la Margherita Sbagliata, condita con mozzarella di bufala e olio extravergine prima di infornare e poi finita a crudo, geometricamente, con una riduzione di pomodoro riccio e un’emulsione di basilico – per raccontare anche del suo lavoro, del suo impegno per valorizzare e promuovere il territorio, della sua grande attenzione all’innovazione senza dimenticare la tradizione e dell’importanza della squadra: anche senza di lui, Pepe in Grani va avanti grazie allo staff perfettamente allineato e formato.

Anche Salvatore Salvo – a NY in rappresentanza della pizzeria Francesco&Salvatore Salvo di San Giorgio a Cremano – ha puntato su un cavallo di battaglia della pizzeria: la Cosacca. Tornata alla ribalta proprio grazie ai fratelli Salvo, si tratta in relta’ di una pizza antichissima creata nel 1844 in omaggio allo Zar in visita a Napoli: il pecorino grattuggiato sopra alla base di pomodori corbarini ricorderebbe infatti la neve della fredda russa.

Non poteva mancare anche un assaggio di pizza New York style, proposta da John Arena (che oggi la prepara pero’ a Las Vegas, da Metro Pizza) e introdotta da Scott Wiener (nella foto con Arena e Giulio Adriani), giovane super appassionato ed esperto di pizza che organizza dei tour alla scoperta della pizza a New York di cui vi parleremo ancora. Intanto cominciamo a dire che si tratta di una pizza molto diversa da quella napoletana e da qualunque cosa siamo abituati a mangiare in Italia, a cominciare dal diametro e dal modo di mangiarla (a spicchi grandi, uno o due costituiscono una buona merenda o un pasto veloce) fino al tipo di farina usata, piu’ proteica, che cambia completamente la consistenza. Diversa ma comunque buona soprattutto considerando che – come dice il pizzaiolo – la pizza ha che fare sicuramente con il gusto ma anche con il cuore, e con la memoria: per ognuno di noi, la pizza migliore e’ quella legata ai ricordi piu’ belli.   

Gran finale in dolcezza con le eteree e irresisitibili zeppole fritte di Alfonso Pepe, che il giorno precedente aveva preparato degli insoliti baba’ al pomodoro e basilico. Molto aprrezzate da tutti i presenti e anche dai pizzaioli, che hanno dimostrato – oltre alla propria bravura – anche una grande sintonia aiutandosi l’un l’altro sempre con il sorriso.

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Stefano e Franco Pepe insieme ad Alfonso Pepe e a una delle sue buonissime zeppole fritte

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