- Autore: luciana squadrilli
- Data: 25 Maggio 2018
- Categoria: Eventi
La pizza a LSDM2018
La pizza è stata tra i principali protagonisti di LSDM 2018, il congresso dedicato alla cucina mediterranea. Tanti i pizzaioli venuti da tutta Italia e da Oltreoceano per raccontare e fare assaggiare le loro pizze.
Nell’anno in cui viene annunciato la progressiva evoluzione da Le Strade della Mozzarella – alla base dell’acronimo LSDM – a Le Strade del Mediterraneo, la pizza conquista sempre più spazi nel programma del congresso dedicato alla cucina italiana (e non solo) contemporanea incentrata appunto sulla ricerca e lo studio intorno alla mozzarella e altri prodotti della bufala ma anche su pasta, pomodoro, olio e altri prodotti del Made in Italy.
Tema dell’undicesima edizione, “Eat Well, Stay Well”; e cosa più di una pizza è capace di far stare bene, sia in senso nutrizionale e di appagamento del palato e dello stomaco, sia in senso psicologico.
La pizza è gioia da condividere secondo Jonathan Goldsmith, pizzaiolo statunitense tra i relatori del congresso.
E il lavoro del pizzaiolo (moderno) rispetta in pieno – ad eccezione del punto sull’utilizzo della pasta secca, ovviamente – il “decalogo del cuoco moderno” proposto dagli organizzatori di LSDM, come ha sottolineato Franco Pepe nel corso dell’incontro di chiusura della prima giornata, che ha visto alternarsi sul palco i primi 5 classificati di 50 Top Pizza per fare un po’ il punto sulla situazione generale e sul loro percorso professionale (con lui c’erano Enzo Coccia, Simone Padoan, Salvatore Salvo e Gino Sorbillo).
Un appuntamento insolito, visto che per una volta i pizzaioli sono stati chiamati sul palco non per impastare e sfornare ma per raccontare se stessi e la propria storia, ognuna differente, ma anche la propria visione del mondo della pizza, con alcuni interessanti punti in comune. Per esempio la consapevolezza del risvolto economico e sociale di una pizzeria gestita in maniera sanamente imprenditoriale, dando lavoro a tanti dipendenti e sostenendo tanti piccoli artigiani che altrimenti rischierebbero di scomparire.
Ecco invece le pizze che abbiamo assaggiato, durante le “lezioni” del congresso e al Pizza Party di mercoledì sera (che, inizialmente previsto nella bella sede pop up di DaZero allo stabilimento Beach Club 93 di Paestum, è stata spostata sulla terrazza del Savoy Hotel che ospitava anche il congresso causa pioggia).
Jonathan Goldsmith e Roberto Caporuscio sono stati insieme protagonisti del primo appuntamento dedicato alla pizza, parlando della loro scelta di fare pizza napoletana negli USA: a Chicago, patria della deep dish, il primo e a New York – dove è molto radicata la tradizione della NY slice – il secondo, nato a Pontinia e cresciuto a pizza napoletana ma da oltre 20 anni in America. Goldsmith invece ha conosciuto a 33 anni l’Italia e solo 12 anni fa – a 50 – ha deciso di diventare pizzaiolo, “studiando” da maestri come Enzo Coccia e Antonio Starita prima di aprire la sua pizzeria Spacca Napoli a Chicago.
Davvero buone entrambe le pizze che hanno proposto: la Pizza Blu (impasto a base di farina 00 più un 20% di multicereali) con cipolle caramellate, funghi, noci, fiordilatte misto bufala del Casolare e un formaggio dell’azienda toscana Il Palagiaccio affinato nelle bacche di mirto – quasi un erborinato (blue cheese, in Inglese) ma abbastanza delicato – di Goldsmith era forse un po’ autunnale ma saporita.
Fresca ed estiva invece la pizza di Caporuscio, con impasto “scuro” (a base di farina tipo 1) condito con stracciatella di mozzarella di bufala tradizionale e affumicata in infusione di limone e menta e zucchine saltate con acciughe.
Il secondo giorno è invece stato il turno dello chef vegano Matthew Kenney che – oltre a dedicarsi da tanti anni alla cucina vegana gourmet, pure etnica, con diversi indirizzi in tutto il mondo – ha da qualche anno aperto anche una pizzeria 100% vegana a New York che ha oggi altre 3 sedi negli USA: 00 (Double Zero), come la farina che ha scelto di usare per il suo impasto al 100%. In realtà fare una buona pizza “naturalmente” vegana non è poi così difficile (una semplice marinara senza acciughe o una rossa con le verdure per esempio…) ma, spiega lo chef, il palato americano ricerca gusti più ricchi e complessi e – ammette lui, che è vegano da 20 anni anche se “non talebano” – “in fondo ogni vedano in cuor suo sogna di mangiare un po’ di mozzarella”. Per questo, si è messo a studiare una possibile “alternativa” al formaggio sulla Margherita che ne replichi, se non il sapore, almeno la consistenza ricca e morbida. Nasce così il “formaggio” di anacardi fermentati che spalma sull’intensa salsa di pomodoro prima di infornare. Certo, il paragone con la mozzarella non regge ma devo dire che l’assaggio – anche grazie all’impasto preparato su sua indicazione da Paolo De Simone di Da Zero e steso e cotto sempre da lui – è stato soddisfacente anche se avrei trovato più interessante provare un’altra pizza che invece di trovare surrogati esplorasse magari sapori e consistenze di altri ingredienti che di solito non siamo abituati a pensare sulla pizza.
E’ stata invece una bella prova di determinazione e spirito d’avventura il Pizza Party: parzialmente rovinato dalla pioggia che scrosciava anche sulla terrazza coperta da teloni, è stato comunque divertente e goloso grazie ai pizzaioli presenti che non si sono tirati indietro e – inventando soluzioni di fortuna e sfidando le intemperie, e anche per merito dei ragazzi della squadra di Da Zero che avevano tenuto accesi i forni fin dalla mattina – si sono messi lo stesso a stendere e sfornare, offrendo ai partecipanti delle pizze forse non impeccabili (l’umidità non aiutava di certo) ma gustose e sempre con il sorriso. Questa è la pizza che ci piace!
Citiamo i partecipanti sperando di non dimenticare nessuno e senza un ordine particolare: Giuseppe Pignalosa, Diego Vitagliano, Raffaele Bonetta, Sasà Martucci, Paolo De Simone, Marco e Antonio Pellone, Angelo Pezzella.