- Autore: luciana squadrilli
- Data: 10 Febbraio 2021
- Categoria: Chef, Pizza Delivery, Recensioni
Mammaròssa, arriva la pizza (a casa)
Il ristorante di Avezzano ha iniziato a proporre pizze (e fritti) da asporto nel week end. Maestro degli impasti, Franco Franciosi ci aggiunge condimenti strepitosi a base di prodotti locali e idee senza frontiere.
Mancavo da tanto – praticamente dall’anno della sua apertura, nel 2012 – dal ristorante di Franco e Daniela Franciosi ad Avezzano: l’Osteria Mammaròssa (che non è un’osteria, e non vuol dire “mamma rossa” ma “mamma grossa”, la nonna) nel frattempo è cresciuta tanto, apprezzata da pubblico e critica, nonostante la non facile impresa di fare ristorazione di qualità nel cuore della Marsica. Ed essere onesta, mai avrei pensato di tornarci per assaggiare la pizza!
Quando però ho visto su Facebook che nei weekend il locale – in una regione in costante Zona Arancione e comunque naturalmente chiuso a cena – proponeva pizze e fritti da asporto, e ho sbirciato le foto, ho fatto un altro pensiero che davvero (per mie vicende personali) non avrei mai immaginato di poter fare: “Vorrei essere ad Avezzano per assaggiare quelle pizze!”. Quando ho scoperto che anche Alberto Blasetti – bravissimo fotografo originario di quelle zone – aveva lo stesso desiderio, abbiamo messo insieme i nostri rispettivi impegni di lavoro (in questo caso anche per Food&Wine Italia) abbiamo organizzato una trasferta di lavoro per andare a fotografare e raccontare queste pizze; e naturalmente abbiamo anche assaggiato qualcosa, per poterlo fare come si deve!
Le pizze di Mammaròssa
Iniziamo col dire che le “pizze” sfornate da Franco e dal suo giovane braccio destro Francesco D’Alessandro sono molto diverse da quelle classiche, tanto di scuola napoletana che “contemporanea”: cotte nella teglia tonda (da 25 cm di diametro, anche perché gli impasti in questione sarebbero difficili da “ammaccare”) si rifanno alla tradizione della “pizza di casa” nel ruoto e anche a quella tutta locale dell’impasto con aggiunta di patate. Il risultato sono impasti (di più tipi come vedremo) alti, soffici, leggeri ma “consistenti” – niente super alveolature – perfetti per reggere i condimenti ideati dagli chef, che vanno dai grandi classici a quelli che arrivano direttamente dalla cucina.
Il filo conduttore sono poi le materie prime locali: dalle farine – come quella di Bolero, grano coltivato in zona dall’azienda di famiglia, a quella di Solina usata per i buonissimi pani, fino al miscuglio coltivato sulla costa da Stefano Papetti dell’azienda De Fermo – ai latticini e formaggi dei migliori casari abruzzesi (come Gregorio Rotolo, Nunzio Marcelli e i ragazzi del Caseificio di Campo Felice, che siamo andate a trovare ai tempi della lavorazione de La Buona Pizza) e agli strepitosi salumi (ventricina inclusa) del signor Angelo.
Come dicevo, la proposta si suddivide tra “pizze” – realizzate in gran parte con farina di grano Bolero e il 20% di patate, fatte lievitare in massa e stese nel ruoto e condite prima di infornare per poi essere finite con eventuali aggiunte fuori dal forno – e “focacce”, che fanno 20 ore di lievitazione direttamente in teglia, con il 30% di patate in aggiunta a farine di miscuglio e semola di grano duro che riporta alla transumanza da e verso la Puglia. in entrambi i casi si parte dal poolish, e i lunghi tempi di maturazione e lievitazione garantiscono la digeribilità.
La proposta
Ogni settimana, il sabato e la domenica sera, Mammaròssa propone sulla pagina Facebook quattro o cinque gusti di pizza a rotazione – qualcuna già è diventata un classico come la squisita Luigino: focaccia con cipolla rossa, lardo e pepe di Sarawak – più una o due proposte di fritto: per esempio la mozzarella in carrozza, l’arancino di ragù abruzzese con salsa acida di pomodoro e cumino o “l’arancino di montagna”, vale a dire polpette di stracotto di capra, caciocavallo e cavolo nero.
Le pizze si possono ordinare in anticipo e si vengono a ritirare al locale, volendo scegliendo anche una delle interessanti bottiglie di vino selezionate da Daniela, sorella di Franco, tra le piccole produzioni di tutta Italia: vi farà senz’altro scoprire qualcosa che ancora non conoscevate!
Alberto Blasetti / www.albertoblasetti.com Alberto Blasetti / www.albertoblasetti.com Alberto Blasetti / www.albertoblasetti.com
Tra le pizze abbiamo provato la Mammaròssa – una sorta di Marinara resa unica da un pomodoro strepitoso, più alici del Cantabrico, olive di Gaeta, timo di montagna e capperi di Pantelleria – e la SuperBufala, con doppia aggiunta di mozzarella di bufala anche a crudo e basilico. L’impasto risulta piacevolmente rustico, “masticabile” ma mai pesante, insomma si potrebbe andare avanti a mangiare per ore.
Tra le focacce, buonissima quella Vegetariana con verdure invernali (cavolo viola, cavolfiore, broccoletti, cicoria e cavolo nero), mozzarella di Campo Felice, ricotta di Anversa degli Abruzzi e polvere di peperone di Altino, come pure la già citata Luigino che si è rivelata tra parentesi perfetta con il Cesanese rosato Tucuca dell’azienda Riccardi Reale (grazie Daniela per la scoperta!).
Alberto Blasetti / www.albertoblasetti.com Alberto Blasetti / www.albertoblasetti.com
Le proposte continuano – ma va sempre consultata la carta della settimana – con l’elegante e intensa Radicchio (radicchio arrosto marinato nell’aceto di visciole, erborinato di Scanno, senape selvatica e sesamo tostato), la Porchetta e Puntarelle (con porchetta fatta in casa, puntarelle e “salsa Mammaròssa”, un delizioso fondo di verdure ottenuto dalla cottura degli ortaggi per altre preparazioni tanto gustoso e umami da sembrare quasi un fondo di carne) e la Patate e Tartufo con patate rosse, mozzarella di Campo Felice e tartufo nero pregiato.
Alberto Blasetti / www.albertoblasetti.com Alberto Blasetti / www.albertoblasetti.com
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Abbiamo invece fatto da cavie – molto volentieri! – per una sperimentazione dello chef che speriamo entri in futuro nel menu del ristorante (mentre in previsione c’è uno spazio del locale dedicato al progetto di bistrot e bottega Sfuso, dove potrebbe restare anche la pizza).
“Contaminazioni” è il nome dato al sottile “taco” di mais – che rimanda però anche alla tradizione tutta locale della pizza roscia, fatta con granturco rosso, antica merenda che pastori e contadini piegavano e mettevano in tasca – sormontato dalla speziata tajine di pecora e da una grattugiata di pecorino di Anversa degli Abruzzi: tra Abruzzo, Marocco e Messico!