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Mulinum

Mulinum, le pizze agricole di Caterina Ceraudo

Mulinum, il progetto contadino lanciato con un crowdfunding dal giovane calabrese Stefano Caccavari, punta a creare economia, conoscenza e attenzione alla natura agricola delle diverse regioni d’Italia – dalla Calabria alla Toscana, e oltre. E lo fa anche con le pizze firmate dalla chef Caterina Ceraudo.

Condivisione, rispetto, salvaguardia del territorio. Ma anche divertimento. Sono queste le parole che sono tornate più spesso durante la giornata dedicata alla Festa della Trebbiatura – domenica 14 luglio nella campagna di San Floro, piccolo paese di collina poco distante da Catanzaro – di Mulinum, l’azienda agricola creata dal giovane Stefano Caccavari. Un progetto (di cui tra poco vi dico meglio) capace di unire natura e territorio, innovazione e intraprendenza (anche dove di solito non ce le sia aspetta), arte e pensiero, ma soprattutto gusto.

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Perché le farine di Mulinum – da grani autoctoni calabresi o di altre regioni, spesso quasi scomparsi come Rubeum, Maiorca, Verna, oltre al Senatore Cappelli e a farro e segale (Jermano), macinati con antichi mulini a pietra naturale francese “La Fertè”, rimessi a nuovo – vengono trasformati nel forno creato nel vecchio mulino ristrutturato in bioedilizia, in pani e pizze. E per i condimenti di queste ultime, Stefano ha chiesto la collaborazione di una giovane chef della zona: Caterina Ceraudo, stella Michelin nel ristorante di famiglia Dattilo.

Cos’è Mulinum

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Nel 2015, la zona di San Floro stava per essere trasformata in un’enorme discarica. Solo la mobilitazione popolare riuscì a salvare il territorio da quella che sarebbe stata una condanna, e proprio da questo esempio di “forza dal basso” il giovane Stefano Caccavari – laureato in economia aziendale e già proiettato nel mondo del lavoro in California, ma legato alla sua terra e non troppo entusiasta all’idea di andare via per sempre – intuisce l’importanza del “coltivare” i territori, in senso tanto metaforico che concreto. Decide così di recuperare l’ultimo mulino a pietra della Calabria, nella campagna di San Floro, e per farlo lancia attraverso i social network una campagna di crowdfunding ancora attiva per sostenere l’evoluzione del progetto: nel 2016, in meno di 90 giorni, vengono raccolti 500 mila con la sottoscrizione di 101 soci; una cifra che non smette di crescere, se fino a luglio 2019 sono stati raccolti in totale 1.436.000 euro che, oltre ai lavori di ristrutturazione e all’installazione delle cucine e delle attrezzature, stanno gettando le basi anche per i prossimi step.

Mulinum infatti – che si basa sul coinvolgimento, non solo economico ma anche attivo, dei soci – sta per arrivare anche in Puglia (a Mesagne), in Toscana (in Val d’Orcia) e in Sicilia, nella zona di Siracusa, grazie ad accordi con coltivatori locali che hanno già terreni o strutture (che fanno da capofila) o che sono disposti a tornare antiche varietà di sementi abbandonate (anche con a una equa politica di prezzi), e alla partecipazione della gente del posto interessata.

In questo modo da un lato si tutela e valorizza la biodiversità locale – attraverso il recupero dei semi e la produzione di pani e pizze con pasta madre e ricette antiche, dove il grano resta l’elemento centrale -, dall’altro si riattivano e rinsaldano economie, comunità, sistemi identitari.

Naturalmente le farine Mulinum posso essere acquistate e usate da panificatori e pizzaioli di tutta Italia (e oltre), ma l’idea è anche quella di aprire delle “pizzerie agricole” nelle maggiori città italiane per far assaggiare prodotti diversi, attenti, buoni e sani.

Mulinum e la cultura

Poi c’è anche l’attenzione ai più piccoli e alla cultura, attraverso laboratori, visite in azienda ed eventi. In occasione della Festa della Trebbiatura, ad esempio, è stata presentata l’opera creata ad hoc dall’artista-musicista israeliano Yuval Avital coinvolto grazie al progetto Terzo Paradiso – Fondazione Michelangelo Pistoletto che ha trovato in Mulinum un esempio concreto della possibilità di congiunzione tra natura e tecnologia. Yuval ha dunque creato, tra gli alberi d’ulivo che crescono intorno al mulino, un “Giardino dei Sonagli” in cui ha “piantato” altri alberi di ferro con attaccate delle campane di ogni foggia, inviate da uomini e donne di ogni angolo del Mediterraneo, dall’Italia al Marocco, che hanno risposto a un’apposita call. Una “scultura sonora” che suona per effetto del vento e della natura, o dell’uomo e del suo passaggio, sottolineando ancora una volta l’importanza della compartecipazione e del contatto tra uomo e natura.

Le pizze di Caterina Ceraudo per Mulinum

Ma veniamo alla parte “mangereccia”. Come ho accennato, la brava Caterina Ceraudo – che dopo gli studi di enologia è andata a scuola da Niko Romito per prendere poi la guida del ristorante dell’azienda di famiglia – ha sposato in pieno il progetto di “pizza agricola” di Mulinum e ha studiato delle ricette ad hoc da proporre tanto nella “pizzeria” del mulino di San Floro quanto in quelli di prossima apertura. Tra le sette pizze del menu sono quelle ormai “fisse” – come la Tropea, con pomodorino datterino condito, cipolla caramellata, provola e trancio di tonno, o la Bufala con salsa di San Marzano, pesto di basilico, mozzarella di bufala e olio extravergine – e quelle che cambiano ogni mese e mezzo circa, seguendo l’orto.

Estivissime, per esempio, son la Peperoni – con salsa San Marzano, peperoni arrosto, provola, acciughe e trito di olive nere -, la Fagiolini – con fagiolini, patate, mozzarella, olio al basilico – e la Fichi, con fichi, melanzana arrosto, provola affumicata e gocce di aceto balsamico (nella foto d’apertura). E ancora, ci sono la Fiori (fiori di zucca, burrata, colatura di alici, julienne di zucchine) e la Zucchine con zucchine in agrodolce, provola, scaglie di ricotta, basilico.

“Sono pizze semplici, che possano essere fatte facilmente anche da altri pizzaioli”, spiega Caterina. “Ma rispondono a quelli che sono i principi alla base di Mulinum. Il segreto infatti sono gli ingredienti, che provengono perlopiù dall’orto dell’azienda e sono rigorosamente stagionali: le pizze “vegetali” non devono essere per forza a base di zucchine, melanzane e peperoni per tutto l’anno! Anche l’orto invernale, per esempio, è ricco di spunti mentre in primavera ci sono tutte le erbe spontanee”.

“ Le nostre pizze hanno un disciplinare rigido – spiega infatti Stefano – Devono essere stagionali e principalmente vegetariane, ovvero devono essere pensate a partire dai prodotti dei nostri orti e quindi condite sia con formaggi della zona, pecorini caprini e vaccini, che con qualche concessione al pesce (da conserve ittiche del territorio, come tonno, alici, acciughe), solo in questo modo la pizza Mulinum valorizza il potere organolettico dei suoi impasti e assume un’identità specifica, ancora di più con le ricette di Caterina, a tutti gli effetti lanostra migliore ambasciatrice, di cui andiamo particolarmente fieri”.

“Io – prosegue lei – già usavo le loro farine per il pane del ristorante, che da me è una vera e propria portata del menu, da quando Stefano mi si è presentato con i suoi sacchi e mi ha chiesto di provarle. Così mi sono divertita molto a creare condimenti che si sposassero con il sapore dei singoli grani, ognuno con una sua personalità e che seguissero un po’ la stessa linea della mia cucina: semplice e immediata, legata al territorio“.

Certo, l’approccio da “cucina” si vede: negli abbinamenti originali, delle sfumature di sapore che ogni ingredienti nasconde, nel fatto che ogni spicchio deve avere un suo equilibrio.

Caterina ci racconta infine il suo “esperimento” con il peperone: “L’ho abbinato agli impasti fatti con i grani diversi e il risultato è stato ogni volta differente. Con il Maiorca, con cui da me faccio grissini, cialde e frolle, è uscita fuori la dolcezza. Il Senatore Cappelli, che io uso per la pasta, ne mette in risalto la mineralità mentre con il Verna – con cui faccio le focacce, mentre uso il Rubeum per il pane iniziale – crea una sensazione quasi tostata.”

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