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Niente ferma Trapizzino

Due nuove aperture a Milano in pochi mesi, in pandemia. Trapizzino – il progetto guidato da Stefano Callegari e Paul Pansera – continua a crescere, a suon di golosità e un pizzico di follia.

A novembre 2020 aveva aperto il sesto locale romano, in zona piazza Bologna, mentre nel 2018 – quello del decimo “compleanno” – era già arrivato il primo indirizzo milanese in via Marghera e nel 2019 il secondo a Torino, con la Vineria. 

Insomma, la crescita di Trapizzino – il format golosissimo che prende il nome dalla geniale idea di Stefano Callegari, proposta inizialmente nel cuore di Testaccio a Roma da 00100 poi diventato la prima insegna del gruppo nato dalla joint venture con l’amico e socio Paul Pansera, già creatore del Sorpasso e di altri locali di successo a Roma – era stata costante e continua, arrivando anche a Trieste, Firenze e New York. Ci si sarebbe potuti aspettare, tuttavia, una battuta d’arresto vista la pandemia che ha scombussolato i piani di tutti. E invece no: a marzo 2021 ha aperto il secondo locale milanese, sui Navigli. E adesso, l’ulteriore sorpresa: è in arrivo anche il terzo, in zona Porta Romana, nei locali che furono prima di uno storico negozio di dischi – il Mariposa – e poi di un bar. 

“È un’apertura importante per noi, per metratura e posizione: Porta Romana è una zona di grande passaggio, è un po’ come stare a Roma a San Giovanni, proprio nell’angolo dove c’è Coin”, spiega Stefano con un paragone che ai romani dice moltissimo. Vista l’ampiezza del locale, ci ha spiegato, ci saranno anche i tavoli (pure all’aperto) per un consumo meno veloce, da accompagnare con qualche cocktail semplice e tanto vino, anche se con una carta meno “approfondita” delle formule Vineria già presenti a Milano, Torino e Roma: “Punteremo soprattutto sulle bollicine, non tante ma frutto di unascelta intelligente, con una proposta pensata per sbicchierare”. La proposta gastronomica sarà quella classica, ma Stefano non esclude anche qualche new entry “local” – come succede ad esempio a Torino con la salsiccia di Bra – e accarezza l’idea di avere una postazione dove cucinare “in diretta”, magari anche ospitando qualche chef amico.

pansera


Ma qual è il “segreto” che ha permesso a Trapizino – in un momento così difficile – non solo di non chiudere ma addirittura di crescere? Secondo Stefano dipende soprattutto dal prodotto e dalla formula, entrambi nati per un consumo veloce (come è stato forzatamente quello degli ultimi mesi, non potendo sostare nei locali) e idealmente anche per l’asporto o il delivery, che il gruppo proponeva già da prima del lockdown: insomma, loro non si sono fatti cogliere impreparati e soprattutto i locali piccoli, pensati appunto per la vendita “al volo”, non hanno sofferto troppo. Dopo la chiusura iniziale nel primo lockdown per salvaguardare la salute di tutti i collaboratori, sono partiti con delivery e asporto perché già organizzati, e i numeri continuano a essere notevoli.

Abbiamo però fatto la stessa domanda anche a Paul, che è un po’ l’anima più razionale del team. Eppure, la sua risposta va in tutt’altra direzione: “Follia. E il fatto che, a forza di stare fermi, vengono nuove idee”. 

“Mi spiego meglio: spesso investimenti simili si devono a fondi e partecipazioni, o sono finalizzati a far aumentare l’appetibilità di un brand per poi venderlo. Ma questo non è il nostro gioco. Siamo più artigiani che imprenditori: abbiamo ormai oltre 100 dipendenti, molti dei quali sono con noi dall’inizio o quasi. E il nostro obiettivo non è mai stato quello di “fare soldi”, anche perché altrimenti non avrebbe senso continuare a vendere i Trapizzini – soprattutto alcune tipologie, che ci costano quasi la stessa cifra – a 4 euro, che diventano 4,5 con il delivery. Però così ne siamo riusciti a vendere oltre un milione, che per noi vuol dire aver fatto apprezzare qualcosa di buono a tanta gente, anche a chi – soprattutto ora – ha difficoltà a spendere cifre più elevate”. 

“Onestamente, penso che il Trapizzino sia il prodotto con il rapporto prezzo/qualità numero uno al mondo. Anche perché nasce, e continua a seguire, quella che è la filosofia di Stefano: mangiare qualcosa di buono anche se veloce durante una giornata di lavoro, qualcosa di preparato secondo la tradizione e in maniera casalinga e che puoi mangiare anche tutti i giorni”.

Il tutto, senza entrare in logiche di tipo “industriale” ma continuando a puntare su una qualità non ostentata ma molto concreta: dal pollo “sano” al pepe che si tostano loro, fino ai quarti di bue da lavorare interi per evitare sprechi e ridurre i costi. In quest’ottica rientra anche la recente “joint-venture” con RetroBottega, da cui è nata la proposta di Lino: una collaborazione tra “piccoli” da cui nascono vantaggi reciproci, pure nella riorganizzazione della cucina e della gestione delle materie prime. E anche se il periodo trascorso di certo non è stato facile il gruppo è riuscito a reggere bene, anche grazie a una situazione salda e “pulita” che gli ha permesso di non mollare e anzi di rilanciare, pur evitando di fare il passo più lungo della gamba.

Così, dietro alle due aperture ravvicinate di Milano ci sono un po’ di fortuna, il giusto tempismo e soprattutto la voglia di continuare a fare quello che più gli piace: “In entrambi i casi, avevo già visto i locali ma chiedevano delle cifre improponibili. Poi, con la situazione attuale, i prezzi sono scesi molto; i proprietari mi hanno richiamato e noi, con un piccolo aiuto dalla banca, abbiamo deciso di non tirarci indietro; anzi di fare un piccolo “salto mortale” e andare avanti”.

C’è da dire, appunto, che il prodotto si presta e risulta perfetto per le esigenze attuali, garantendo a tutti qualche morso di felicità. “La nostra scatola per l’asporto risale già al 2009, Trapizzino nasce come cibo da passeggio. Anche se poi siamo stati felici di aprire locali più grandi, dove la gente si può sedere per passare del tempo – che siano dieci minuti, mezz’ora, un’ora – in maniera piacevole, magari godendosi anche un bicchiere di vino che è una passione sia mia sia di Stefano. Insomma, la verità è che non ci siamo inventati niente ma non abbiamo mai avuto paura di lavorare sodo per rendere felice chi viene a mangiare da noi. E poi aiuta anche la simpatia innata di Stefano: vederlo sorridere sempre rende tutto più facile”. 

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