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romanè abbacchio

Romanè, Callegari diventa oste

Cosa e come si mangia nel ristorante aperto a Roma da Stefano Callegari, l’inventore del Trapizzino e di tante buonissime pizze.

Annunciato a fine luglio e poi aperto ufficialmente a fine settembre nel quartiere Trionfale (a due passi dalla metro Cipro), Romanè è il primo ristorante di Stefano Callegari, certamente conosciuto da chi legge queste pagine come l’inventore del Trapizzino – che unisce la maestria dell’impasto a ricette golose e veraci – e di tantissime pizze strepitose e geniali, dalla Cacio e Pepe alla Lasagna di pizza.

Ecco perchè per una volta, invece che di pizzerie, parliamo qui di un ristorante – o meglio di una trattoria, nel senso più alto e più puro de termine: tavoli apparecchiati semplicemente, un piccolo dehors, una bellissima collezione di Piatti del Buon Ricordo alle pareti, pane e olio extravergine d’oliva (di diverse tipologie ma sempre ottimi) e un menu che è un invito alla goduria più schietta e senza fronzoli – d’altro canto “semplicemente godere” è il payoff del locale – e che verrebbe voglia di ordinare per intero, se non fosse che le porzioni sono generose ed è meglio darsi un limite.

Prima di raccontarvi cosa ho assaggiato nelle mie due visite – che di certo non saranno le ultime – ecco qualche dettaglio: il nome – “Romanè” – rimanda direttamente a Roma, al detto romanesco detto romanesco “dare una romanella” (che io, confesso, non conoscevo) e al vino dolce, frizzante e leggero (ma pericoloso!) tipico dei Castelli Romani, la Romanella appunto. I più scafati potranno però riconoscere anche un rimando alla Romanée, la più piccola e prestigiosa denominazione d’origine dei vini francesi, un ambitissimo fazzoletto di vigne in Borgogna da cui arrivano alcuni dei vini più rinomati del mondo, di cui Stefano è un estimatore.

Amante del buon vino e della buona cucina – quella vera e genuina, senza artifizi ma fatta con cura – Stefano Callegari ha così deciso per una volta di dedicare un’insegna non alla pizza ma appunto alla cucina e lo ha fatto con tre amici: Perla Ambrosetti, Enrico Cavedon e Axel Casali. In cucina ci sono Andrea Cibak e Riccarod Toresi (rispettivamente classe 1994 e 1997) mentre la sala è sotto la supervisione di Alessio Marcolini, 30 anni, socio anche lui di Romanè.

In menu, come dicevamo, ci sono piatti classici della tradizione romana e italiana: non quelli classicie scontati che si trovano nel 90% delle trattorie romane (per dire: niente carbonara e cacio e pepe) ma spesso ricette “dimenticate”, che fanno parte del patrimonio famigliare di Stefano e di tanti di noi ma che è quasi impsossbile trovare in giro. Le preparazioni sono ortodosse – il che vuol dire spesso diverse da quelle più conosciute – e genuine anche se molto curate, dalla scelta delle materie prime (senza necessariamente sciorinare nomi e cognomi dei fornitori) ai metodi di cottura che sono quelli di una volta: niente forno a convezione o cotture al vapore ma tegame, friggitrice, padella eforno statico.

Il menu cambia in base alla stagione (e pure più spesso) e prevede cinque antipasti, cinque primi piatti, cinque secondi e cinque contorni. La carta dei vini è prevalentemente orientata a quelli naturali, ma mai estremi, e include anche quanche Cahmpagne delle bottiglie francesi di piccoli produttori mentre il vino sfuso – bianco e rosso – viene dalla Fattoria di Caspri, nell’Aretino. Stefano coordina la cucina e dà ricette e indicazioni, e con tutti gli impegni che ha non prevede certo di essere sempre presente. Io però l’ho trovato lì entrambe le volte, nella veste di oste – pronto a dare consigli e ad ascoltare pareri, anche se i ragazzi in sala se la cavano alla grande – che gli sta davvero bene.

I nostri assaggi

Ed ecco quello che ho assaggiato, talvolta allungando la forchetta nel piatto dei miei amici, nelle mie due visite da Romanè. L’uovo in trippa – che ho sempre adorato da quando Stefano lo proponeva come antipasto fuori carta da Sforno – è sempre delizioso e vale decisamente l’assaggio, ma a quando pare le polpette di bollito con salsa verde non sono da meno. La pasta all’Elorina – con pachino saltati in aglio, olio, peperoncino, basilico, prezzemolo, menta, salvia, rosmarino, ricotta di pecora e scaglie di mandorle di Avola tostate – mi sono dovuta limitare a guardarla ed è stato l’unico primo piatto ordinato, sebbene la scelta non manchi.

Ma i secondi sono troppo allettanti per rinunciarvi: il pollo alla cacciatora è superbo, senza traccia di pomodoro e con un sughetto denso che, se non finisse a suon di scarpetta, verrebbe voglia di portarsi via per condire la pasta del giorno dopo. Gli ingredienti recitano: pollo San Bartolomeo, aceto, rosmarino, aglio, vino e magia; e credetemi, la magia c’è! La “fettina” panata è in realtà enorme e super croccante, con la panatura che è ormai un trademark di Stefano Callegari.

L’Arrosto abbacchiato – coscio di abbacchio gentilmente cotto in tegame con aglio, rosmarino e alloro – è un secondo poderoso e super gustoso, ricco di olio (buono), e leggere la soddisfazione negli occhi di Stefano quando ha visto che l’avevo ordinato è stato un piacere. Mai rinunciare ai broccoletti saltati, buoni come solo mia madre sa fare.

Tiramisù

Infine, su parola di un amico goloso e senza problemi di dieta, il tiramisù con i Gentilini (sacrilegio! Oppure no?) è squisito. Ma volendo ci sarebbero anche il pane e cioccolato o la crostata di ricotta e visciole, per dire.

Il conto è super onesto – con 35 euro si esce sazi, se si prende dall’antipasto al dolce si arriva ai 50 ma sfido qualcuno a farcela! – è c’è anche il PastoRionale: il menu lde pranzo dei giorni feriali, che per 15 € comprende un primo piatto, un contorno, acqua e caffè.

Romanè

via Cipro 106

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