
- Autore: luciana squadrilli
- Data: 31 Gennaio 2025
- Categoria: Prodotti
Vi presentiamo Lo Zero d’Avanguardia
Daniele Belletti e Salvatore Vaccaro raccontano il progetto di Molini Fagioli che coinvolge i pizzaioli (e panificatori e pasticceri) che usano farine di filiera certificata OIRZ e altri ingredienti di prima qualità.
Mentre continuiamo il nostro tour #avanguardiaontheroad andando a trovare i pizzaioli che abbiamo selezionato per raccontare la realtà di Molini Fagioli – qui trovate il primo – vogliamo anche presentarvi più da vicino Lo Zero d’Avanguardia: si tratta del movimento di pizzaioli, panificatori e pasticceri uniti dalla volontà di un ritorno all’ingrediente di campagna e dall’utilizzo di farine di filiera 100% Origine Italiana a Residuo Zero. Stiamo parlando delle farine OIRZ di Molini Fagioli, che sono il frutto di un percorso produttivo garantito, genuino, sostenibile e completamente trasparente: dalla semina alla lavorazione dei terreni, dalla raccolta allo stoccaggio grano fino a produzione e confezionamento delle farine.
E non solo, come vedremo: l’uso di materie prime di assoluta qualità in generale, oltre alle farine, è ciò che contraddistingue maggiormente questo gruppo di artigiani e professionisti – in cui i pizzaioli al momento sono in maggioranza – e fa sì che si possano definire “all’avanguardia”.
Zero d’Avanguardia, intervista con Daniele Belletti e Salvatore Vaccaro
Per conoscere meglio il progetto, e raccontarvelo, abbiamo parlato con Daniele Belletti, direttore commerciale di Molini Fagioli, e Salvatore Vaccaro, presidente del Comitato di Controllo del Movimento Lo Zero d’Avanguardia.

Chi sono i pizzaioli (e panificatori e pasticceri) Zero d’Avanguardia?
Come nasce il progetto e che obiettivi ha?
D.B. Il progetto nasce, più che come idea di marketing, per mettere a fattor comune il racconto di quello che Molini Fagioli sta facendo da 30 anni a questa parte, lavorando al fianco di quasi 100 agricoltori umbri che coltivano circa 1.200 ettari di collina nell’Alta Valle del Tevere, un territorio unico vocato per la coltivazione di frumento. L’obiettivo era ed è di modernizzare il modo agricolo adottando un’agricoltura di precisione, e facendo così nascere l’unica filiera in Italia certificata a residuo zero. Quattro anni fa, quando siamo partiti con OIRZ, era probabilmente un discorso fin troppo futuristico, oggi invece si parla sempre di più di “residuo zero”. E in questo, volevamo coinvolgere il mondo dell’arte bianca, mettendo attorno al progetto degli artigiani che potessero raccontarlo dal campo alla tavola, con la loro pizza come con il pane o i dolci.


Cosa vuol dire avanguardia in agricoltura, e nel mondo della pizza, per voi?
D.B. Non è facile fare divulgazione spinta parlando di prodotti agricoli: nel caso di OIRZ si parla di un’agricoltura che nella sua semplicità è futuristica, e che si basa tanto su un territorio unico quanto sul lavoro dei coltivatori che hanno deciso di fare agricoltura di precisione, puntando su analisi del terreno e altri strumenti scientifici applicati alla terra. Ed è avanguardia pure chi decide di raccontare questo progetto attraverso il suo lavoro, aiutando a farne capire il valore anche al consumatore finale, che deve essere partecipe e coinvolto. Non è così facile e immediato, oggi ad esempio si parla tanto di biologico ma qui si va oltre, ed è un’evoluzione difficile da far comprendere. Ecco perché, ad esempio, per noi è stato fondamentale l’ingresso di Salvatore come coordinatore del progetto, per un prezioso contributo non puramente tecnico ma anche su come raccontarlo.
Come si diventa Zero d’Avanguardia? Cosa cercate nei potenziali pizzaioli ZdA?
S.V. Essendo il presidente del Comitato di Controllo, l’ingresso è a mio insindacabile giudizio, previo assaggio! La cosa fondamentale è che si rispettino certi criteri di base indicati dal disciplinare Zero d’Avanguardia, a cominciare dall’utilizzo delle farine certificate OIRZ ma anche di materie prime e prodotti etici, di grande qualità, con attenzione al territorio e alla sostenibilità. Altro requisito fondamentale, per quel che diceva Daniele, è che il pizzaiolo ZdA si faccia promotore del movimento, e lo comunichi nel modo migliore all’interno del suo locale, a chi va a mangiare da lui. Altrimenti, il progetto rimane fino a se stesso.
Certo, sappiamo che non è facile anche perché i pizzaioli, come tutti gli altri artigiani, hanno già tanto da lavoro da fare. Nonostante ciò, in chi ha aderito al movimento ho trovato la voglia di farne parte, di confrontarsi sulla scelta delle materie prime, di consultarsi con i consulenti del molino per approfondire gli aspetti tecnici. C’è, in chi ha voglia di emergere, il desiderio di raccontare quello di cui fa parte. Riguardo ai nuovi ingressi, possono arrivare suggerimenti da tutte le parti e anche i pizzaioli si possono auto-segnalare, anzi li invito a farlo. Non è facile tenere sotto controllo tutta l’Italia, ma sono pronto ad andare a provare le pizze di chi lavora secondo quanto prevede il movimento!


Cosa deve o non deve fare un pizzaiolo Zero d’Avanguardia?
S.V. Quello che non vorrei vedere è la disattenzione verso i prodotti, scelti senza una vera ricerca, e la voglia di fare solo cassetto. E non ci piace chi entra nel movimento solo come viatico di marketing, in cerca di visibilità. L’idea è che invece serva a creare scambio, a incentivare la crescita comune. E in questo Molini Fagioli è e sarà sempre più attivo creando occasioni di incontro e confronto, tanto in sede quanto nei locali degli ZdA.
Quali sono le prossime fasi del progetto?
D.B. Vogliamo dare sempre più stimoli a chi entra nel movimento, coinvolgendo persone di grande competenza come Giuliano Pediconi, maestro di panificazione Responsabile del Fagioli Lab di Magione, e organizzando diversi appuntamenti: dal Simposio (una giornata “tecnica” in cui si affrontano prodotti, ricette e diversi aspetti della filiera, la cui prima edizione si è svolta il 19 novembre scorso alla Scuola Dolce e Salato di Maddaloni in collaborazione con GMA Import Export Specialità, nda) al nuovo “format” Ricette Capovolte, in cui i partecipanti portano idee e domande da cui nascono poi delle preparazioni, favorendo la contaminazione tra teoria e pratica.
Per noi, al di là dell’indossare una giacca o avere una targa da esporre, è questo il valore aggiunto di far parte del movimento: tornare a casa da questi incontri, che sono aperti anche a chi non utilizza ancora le nostre farine ma è interessato a conoscerle meglio, con degli strumenti e delle nozioni in più.